venerdì 18 luglio 2014



Articolo di Applied Scholastics Online Academy

“La scoperta consiste nel vedere ciò che tutti gli altri hanno visto e pensare ciò che nessuno ha pensato.”
– Albert Szent-Gyorgyi, autore di “The Scientist Speculates”



Nella nostra società altamente tecnologica la capacità di fare ricerca è vitale per poter avere successo. Eppure molte scuole non la insegnano mai e anche quando lo fanno solitamente trascurano il passo più semplice e più basilare, qualcosa che il bambino deve essere in grado di fare prima di poter effettuare la sua ricerca. Di che si tratta? Si tratta del fatto che dev'essere in grado di osservare (vedere, guardare) ciò che ha di fronte.
Per insegnare l'osservazione è necessario permettere al bambino di osservare le cose da sé. E per raggiungere tale scopo dobbiamo essere disposti a ignorare le sue risposte sbagliate. Ciò non vuol dire che si debbano dare al bambino concetti sbagliati o permettere che li conservi. Non è questo ciò di cui stiamo parlando. Non confondiamolo con la lettura, in cui insegnamo ai bambini che le parole hanno definizioni precise. Non confondiamolo con la matematica, dove insegnamo che i problemi spesso hanno precise risposte. Non confondiamolo nemmeno con l'ortografia, dove insegnamo che le lettere vanno scritte in un ordine specifico, che permette a chi legge di duplicare ciò che è stato scritto.
Piuttosto, ciò di cui parliamo qui, è quella capacità unica del bambino di vedere ciò che vede. Funziona così: chiediamo al bambino di dirci quello che percepisce (vede, osserva, guarda) in un dato momento. E l'unica risposta “giusta” (corretta, vera) è esattamente e precisamente quello che il bambino percepisce.
Il concetto è talmente elementare da essere spesso trascurato. Lo si può comprendere meglio se lo si paragona al modo in cui un bambino molto piccolo scopre il mondo. Eccone un esempio: quando mio nipote Corbin aveva circa un anno e mezzo come molti bambini adorava giocare a nascondino. Nascondeva la testa sotto il lenzuolo e, dato che lui non riusciva a vedere me, riteneva che anch'io non potessi vedere lui. Io mi adeguavo alla sua idea e lo cercavo in lungo e in largo, chiedendo a voce alta: “Oh, dove si sarà nascosto Corbin?”.  Alla fine sollevavo il lenzuolo e dicevo: “Ti ho trovato!” e lui strillava compiaciuto. Nel giro di alcune settimane, Corbin aveva poi imparato per conto suo (senza che nessuno glielo dicesse) a nascondere tutto il corpo.
È facile migliorare l'arte della scoperta: se il vostro bambino dice che il ragno che sta guardando ha quattro zampe e un occhio, semplicemente ringraziatelo per avervelo detto. Non cercate di correggere la sua osservazione. Ben presto scoprirà l'altro occhio e le altre zampe per conto suo, se gliene viene data l'opportunità.
Quando diciamo a un bambino: “No, no, no, non è così”, “È storto, non è dritto”, “È blu scuro, non è nero”, “Su questo sbagli e su quello hai torto”, finiremo per avere un bambino che smette di guardare le cose per conto suo.
Dobbiamo essere disposti a ignorare l'imprecisione nell'osservazone dei bambini e a permettere che loro stessi la mettano a posto. Quando incoraggiamo i bambini a osservare da sé, permettiamo loro di sperimentare la magia della scoperta.