Articolo di Applied Scholastics Online Academy
“La scoperta consiste nel vedere ciò che
tutti gli altri hanno visto e pensare ciò che nessuno ha pensato.”
– Albert Szent-Gyorgyi, autore di “The Scientist Speculates”
– Albert Szent-Gyorgyi, autore di “The Scientist Speculates”
Nella nostra società altamente tecnologica la
capacità di fare ricerca è vitale per poter avere successo. Eppure molte scuole
non la insegnano mai e anche quando lo fanno solitamente trascurano il passo
più semplice e più basilare, qualcosa che il bambino deve essere in
grado di fare prima di poter effettuare la sua ricerca. Di che si tratta? Si
tratta del fatto che dev'essere in grado di osservare (vedere, guardare) ciò
che ha di fronte.
Per insegnare l'osservazione è necessario
permettere al bambino di osservare le cose da sé. E per raggiungere tale
scopo dobbiamo essere disposti a ignorare le sue risposte sbagliate. Ciò
non vuol dire che si debbano dare al bambino concetti sbagliati o permettere
che li conservi. Non è questo ciò di cui stiamo parlando. Non confondiamolo con
la lettura, in cui insegnamo ai bambini che le parole hanno definizioni
precise. Non confondiamolo con la matematica, dove insegnamo che i problemi
spesso hanno precise risposte. Non confondiamolo nemmeno con l'ortografia, dove
insegnamo che le lettere vanno scritte in un ordine specifico, che permette a
chi legge di duplicare ciò che è stato scritto.
Piuttosto, ciò di cui parliamo qui, è quella
capacità unica del bambino di vedere ciò che vede. Funziona così: chiediamo al
bambino di dirci quello che percepisce (vede, osserva, guarda) in un dato
momento. E l'unica risposta “giusta” (corretta, vera) è esattamente e
precisamente quello che il bambino percepisce.
Il concetto è talmente elementare da essere
spesso trascurato. Lo si può comprendere meglio se lo si paragona al modo in
cui un bambino molto piccolo scopre il mondo. Eccone un esempio: quando mio
nipote Corbin aveva circa un anno e mezzo come molti bambini adorava giocare a
nascondino. Nascondeva la testa sotto il lenzuolo e, dato che lui non riusciva
a vedere me, riteneva che anch'io non potessi vedere lui. Io mi adeguavo alla
sua idea e lo cercavo in lungo e in largo, chiedendo a voce alta: “Oh, dove si
sarà nascosto Corbin?”. Alla fine
sollevavo il lenzuolo e dicevo: “Ti ho trovato!” e lui strillava compiaciuto.
Nel giro di alcune settimane, Corbin aveva poi imparato per conto suo (senza
che nessuno glielo dicesse) a nascondere tutto il corpo.
È facile migliorare l'arte della scoperta: se
il vostro bambino dice che il ragno che sta guardando ha quattro zampe e un
occhio, semplicemente ringraziatelo per avervelo detto. Non cercate di
correggere la sua osservazione. Ben presto scoprirà l'altro occhio e le altre
zampe per conto suo, se gliene viene data l'opportunità.
Quando diciamo a un bambino: “No, no, no, non
è così”, “È storto, non è dritto”, “È blu scuro, non è nero”, “Su questo sbagli
e su quello hai torto”, finiremo per avere un bambino che smette di guardare le
cose per conto suo.
Dobbiamo essere disposti a ignorare
l'imprecisione nell'osservazone dei bambini e a permettere che loro stessi
la mettano a posto. Quando incoraggiamo i bambini a osservare da sé,
permettiamo loro di sperimentare la magia della scoperta.